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La situazione del Telalavoro in Francia prima e dopo il COVID-19

Il tasso del telelavoro prima della pandemia variava in modo differente tra i paesi dell'Unione Europea. Infatti, Irlanda, Polonia, Ungheria,Portogallo e Italia avevano registrato il 7% per l'utilizzo del telelavoro. Al contempo, Spagna, Francia e Danimarca registravano appena il 12%. I Paesi Bassi invece avevano il primato con 20% della popolazione che lavorava già da remoto, con subito al secondo e terzo posto Svezie e Finlandia. In totale, uno studio effettuato dalla Fondazione Europea registrava che solo il 18% della popolazione europea lavorava in modo agile prima della crisi sanitaria. 

Più precisamente, prima della crisi sanitaria, secondo gli studi, i francesi che lavoravano in modalità telelavoro oscillava tra l'8% e il 12%. Questi numeri sono saliti con la prima ondata, infatti si è arrivati al 43% di utilizzo. L'Ile de France comprende il 30% di telelavoratori, contro il 7% della Normandia. Questa è una conseguenza dovuta al fatto che regione parigina registra 1,4 milioni di dirigenti. Secondo le stime dell'Osservatorio francese delle congiunture economiche (OFCE), si può affermare che dei 27 milioni di posto di lavoro in Francia, quasi 18 milioni non sono compatibili con il telelavoro. Queste figure che non supportano la modalità da remoto sono i contadini, gli artigiani e i commercianti, i lavoratori qualificati e la maggior parte dei lavori ospedalieri.

Entrando più nello specifico, i dati dell'OFCE, registrano che i telelavoratori in Francia registra un quarto della popolazione attiva, durante il lockdown il 43% praticava il lavoro a distanza e per il 75% era la prima volta che utilizzavano questo nuovo modo di lavorare.

I settori avevano le seguenti percentuali: banca e assicurazioni rappresentavano il 55% del telelavoro, informatica il 40%, comunicazione e l'informazione il 63%.

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La sfiducia del telelavoro in Francia

Durante il primo lockdown effettuato in primavera, le imprese francesi hanno agito secondo le raccomandazioni sanitarie dello Stato francese. Ma non appena, il governo francese ha allentato le regole sul telelavoro, le maggioranza delle imprese ha fatto ritornare il loro personale in ufficio. Infatti si può notare secondo alcuni dati attendibili che la percentuale di lavoro agile dei dipendenti è scesa dal 27% durante il lockdown al 15% agli inizi dell'estate. Mentre, se si vuole fare il paragone, in Gran Bretagna, il telelavoro nello stesso periodo è passato dal 35% al 29%. Secondo gli studiosi, questi dati spiegano come i manager francesi abbiano paura all'idea di perdere la loro squadra.


Altro segnale di sfiducia da parte dei francesi nell'utilizzo del telelavoro lo si può notare dal numero di imprese che hanno rifiutato il telelavoro 100%, quando il governo l'aveva richiesto all'inizio della secondo ondata a ottobre, per riuscire a contrastare nuovamente la pandemia. Infatti ci fu un caso eclatante quando il ministro del Lavoro, Elisabeth Borne, spazientita affermò alla tv nel mese di dicembre che nel bel mezzo di una pandemia il lavoro agile non è un opzione per le imprese ma in poche parole è un dovere. Però c'è anche da dire che secondo alcuni sondaggi effettuati dal ministero del lavoro, il 27% dei telelavoratori ha affermato di essersi recato a lavoro, agli di inizi di novembre, anche se avrebbero potuto lavorare da remoto. Tra le aziende intervistate vi sono le PMI e anche grandi aziende come la Total e BNP Parisbas.

Altro problema che fa perdere la fiducia francesi è il telelavoro grigio, infatti le leggi e le protezioni lavorative di questa nuova modalità sono piuttosto vaghe. Alcuni paesi europei, colti da questa pandemia improvvisa hanno già iniziato ad intensificare la legislazione sul telelavoro per tutelare i lavoratori. Per esempio in Spagna, da settembre le imprese devono firmare un contratto individuale con ciascun telelavoratore quando quest'ultimo rimane a a lavorare a casa per pià di un giorno e mezzo alla settimana. Inoltre, l'impresa deve specificare nel contratto, l'orario di lavoro, i mezzi prestati per telelavorare e far compilare dei moduli al lavoratore per inserire i costi sostenuti per l'attività svolta a casa. 
In Francia invece bisogna notare come solo un terzo dei telelavoratori, beneficia di un quadro normativo solido. Si intende un contratto collettivo o uno statuto aziendale in cui vengono dichiarate e modalità di lavoro, vengono specificati gli orari dove il telelavoratore può essere contattato e le condizioni per il monitoraggio dell'attività svolta dal dipendente. Al contrario il restante dei due terzi possiede un accordo solamente verbale con il proprio datore di lavoro e di conseguenza è meno tutelato rispetto a chi possiede un contratto collettivo. 

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Per risolvere questa vaghezza legislativa sono intervenuti i sindacati, allo stesso tempo però i datori di lavoro si rifiutano di di negoziare gli accordi normativi e prescrittivi che andrebbero a modificare le attuali condizioni di lavoro. I sindacati francesi si rifiutano di accettare dei singoli accordi verbali che non sono neanche vincolanti. A fine novembre del 2020, le parti sociali hanno avuto un duro confronto per riuscire a risolvere questa questione sul quadro giuridico del telelavoro. 
I datori di lavoro ed i sindacati sono riusciti a raggiungere un compromesso sull'accordo del doppio volontariato, sulla reversibilità e anche sulla formazione manageriale. Però c'è stato anche un intoppo sull'ammissibilità delle posizioni del telelavoro che secondo i sindacati questo deve essere parte del dialogo sociale in azienda e anche sui costi sostenuti dai lavoratori. La CGT infatti ha richiesto che i costi per le utenze devono essere rimborsate da parte del datore di lavoro. 

Quello che è cambiato da prima e dopo la pandemia è che prima erano i dipendenti a richiedere di lavorare da remoto e di conseguenza le aziende francesi non avevano degli obblighi specifici. Ora invece, sono i governi in primis e poi le aziende che impongono il telelavoro quindi c'è stato uno spostamento dell'equilibrio dei poteri quindi bisogna fare dei progressi in questo ambito. Si può notare che con la pandemia sia le imprese sia i dipendenti si siano indeboliti con la crisi economica, assumendo anche costi aggiuntivi. Uno degli esponenti maggiori della CGT afferma che bisogna preservare l'interesse generale e che quindi il Governo francese deve essere coinvolto per discutere più da vicino questi quadri normativi sul telelavoro.

Telelavoro rinforzato per i dipendenti da gennaio

Martedì 28 dicembre il ministro del Lavoro e le parti sociali si sono riuniti per valutare l'attuazione del telelavoro obbligatorio e sembra raccogliere sia consensi nel settore privato sia nel pubblico. 
Il presidente del consiglio Jean Castex ha affermato che dall'inizio dell'anno scolastico (3 gennaio), per un periodo di tre settimane il telelavoro sarà reso obbligatorio, in tutte le aziende e per tutti i dipendenti dove è possibile lavorare da remoto. Questo modalità si applicherà anche al servizio pubblico. Questa decisione sicuramente non è una sorpresa dato che già a dicembre Jean Castex aveva comunicato di voler estendere il telelavoro a due, tre giorni alla settimana. Inoltre, già prima di natale il ministro del Lavoro, Elisabeth Borne aveva preannunciato in televisione alle imprese francesi di preparasi con l'anno nuovo a rafforzare la modalità telelavoro. Le stesse parti sociali assieme al ministro del Lavoro, avevano già deciso di utilizzare il telelavoro come modalità per affrontare la nuova variante Omicron. 

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Come spiega François Asselin, presidente della Confederazione delle piccole e medie imprese, non si voleva arrivare ad adottare il pass sanitario obbligatorio, di conseguenza si voleva puntare su altri fattori per affrontare la crisi e uno tra questi è proprio il telelavoro. Quindi la soluzione è quella di modificare il protocollo per portare il telelavoro obbligatorio a tre giorni. 
Come afferma Catherine Pinchaut, segretario nazionale del CFDT, sembra che questa volta il governo abbia ascoltato i sindacati. L'Attuale protocollo prevede che i datori di lavoro dichiarano nell'ambito del dialogo sociale, le modalità con cui si deve utilizzare il telelavoro. Quando ci si ritrova davanti a una crisi mondiale del genere, l'obiettivo è quello di telelavorare per almeno due, tre giorni a settimana. Sicuramente nei prossimi giorni le parti sociali con il governo discuteranno anche di modificare ulteriormente il protocollo per imporre un minimo di tre giorni per arrivare addirittura a quattro. 


Come è previsto dalla legge francese, se il telelavoro viene integrato ad un accordo aziendale, successivamente il governo francese potrà imporre una norma minima per le misure per la tutela dei lavoratori. Infatti, il protocollo sanitario nelle aziende del 2020 prevedeva che il telelavoro solitamente può essere aumentato al 100% per i dipendenti che possono svolgere la loro attività da remoto. Questo è successo in autunno prima che la pandemia risultasse di nuovo invasiva. Anche il presidente francese dell'Associazione nazionale dei difensori dei diritti umani si vede favorevole ad un opzione del genere, anche per evitare una spinta verso l'assenteismo. Come si può notare dai dati epidemiologici della variante Omicron, il virus si propaga molto più velocemente e di conseguenza con un ritmo di 100 000 contaminazioni al giorno, si potrebbero calcolare agli inizi di gennaio un milione di persone assenti dal lavoro. 

Sicuramente per la maggior parte delle aziende francesi non cambierà molto dato che la maggior parte erano giù predisposte per due giorni di lavoro agile a settimana. Sicuramente questa nuova norma peserà sulle aziende che non possiedono alcun accordo sul telelavoro e che non l'hanno iniziato ad utilizzare quando potevano. La norma risulterà obbligatoria solamente per le attività telelavorabili, più precisamente riguarda il 22% dei posti di lavoro nelle PMI. Vi è una forte concentrazione dei grandi centri urbani ma andrà a discapito delle PMI situate nelle zone rurali. 
Secondo Catherine Pinchaut, le aziende che si trovano in una situazione in cui non possono operare da remoto e in più si ritrovano in una situazione di causa di forza maggiore devono iniziare a contrattare con il governo francese. L'idea è quella di praticare dove possibile aggiustamenti per poter dare continuità operativa e organizzare in modo sicuro il lavoro di squadra. Secondo i dati Dares (la direzione delle statistiche del ministero del Lavoro), a novembre 2021, il 25% dei dipendenti praticava il telelavoro. Mentre secondo le analisi fatte a primavera 2020, al culmine della pandemia, i numeri era molto più alti infatti si aggirava al 40%.

 

La realtà è che né i datori di lavoro e né i dipendenti sembrano entusiasti di tornare a lavorare cinque giorni a settimana da casa. Infatti secondo uno studio effettuato a settembre riguardante il sindacato generale degli ingegneri, dirigenti e tecnici  della CGT ha indicato che il 98% dei telelavoratori intervistati è favorevole al lavoro da remoto, però a condizione che non superi i due o tre giorni alla settimana. 

François Asselin conclude che il telelavoro obbligatorio è già stato praticato con successo. In più afferma che non è un meccanismo facile per alcune imprese e non è tanto divertente né per i datori di lavoratori né per i dipendenti. Sicuramente si aspettano risultati migliori riguardante la pandemia.

Gli effetti economici 

Gli economisti non sono del tutto convinti che il telelavoro aumenti la produttività, infatti molti studi stanno dimostrando che la diffusione del lavoro a casa produrrà dei problemi. Questo sicuramente sarà il dibattito futuro nelle grandi questioni economiche. C'è da dire che il tempo risparmiato nei trasporti, maggiore flessibilità dell'orario di lavoro potrebbe portare benefici all'economia. Secondo una stima dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) il numero degli annunci di telelavori offerti è triplicato nei paesi sviluppati dall'inizio della pandemia. 

Sono stati presi in considerazione altri studi dell'OCSE anche grazie a Gilbert Cette, professore di economia alla Neoma Business School, che ha studiato il comportamento di 1400 impresi industriali con più di 20 dipendenti nel 2020, in Francia. 
Prima di tutto le imprese francesi che utilizzano di più il telelavoro sono quelle che possiedono il minor numero di metri quadrati in ufficio per ciascun dipendente. Inoltre, sono anche quelle che sono equipaggiate con risorse informatiche e risorse immateriali più significative. Secondo questo studio si può affermare che per un aumento dell'1% dei numeri dei telelavoratori, si arriverebbe ad una produttività equivalente allo 0,45%. Una cifra che sicuramente non è trascurabile.
Inoltre, se l'utilizzo del lavoro agile passa dal 5% dei dipendenti, come è avvenuto all'inizio dell'emergenza sanitaria, al 25% da due, tre giorni a settimana. Questo sicuramente sarebbe il sogno di tutte le aziende francesi, infatti secondo lo studio di Gilbert This, la produttività schizzerebbe al 9%. Però c'è da fare attenzione anche perché i guadagni della produttività non sono lineari e seguono una U invertita. La previsione secondo questo studio ci fa notare che quindi i guadagni diminuiscono quando una parte dei lavoratori utilizza il telelavoro. Si può dire che se si esagera con il telelavoro la produttività viene in un certo senso "ammazzata".

Infatti secondo Gilbert This, con questa analisi di andrebbe a smentire "la stagnazione secolare" teoria dell'americano Robert Gordon, che prevedeva per l'avvenire una crescita debole. Ma lo studio di Gilbert This non si ferma qui, anzi più un'impresa che nel 2020 ha potenziato l'utilizzo del lavoro agile, più avrà la tendenza ad utilizzarlo nel futuro e di conseguenza investirà di più in questa nuova modalità di lavoro e avrà anche più profitti da produttività.

Al contrario, secondo altri economisti dell'OCSE che hanno effettuato uno studio su aziende di 25 paesi e affermano che l'impatto del telelavoro non è così chiaro. Secondo loro dipende molto anche dalla soddisfazione dei telelavoratori. Effettivamente esiste una correlazione tra il benessere dei dipendenti che lavorano da remoto e le prestazione delle imprese. In più, tutto dipende se i dipendenti veramente producono di più stando a casa o no ed è su questo che si basano i dirigenti per adottare il telelavoro. I manager sono consapevoli che esistono molti problemi che si presentano poi nel lungo periodo. Primariamente, l'apprendimento e la formazione di nuovi sistemi di attività sono molti più difficili ad inculcare da remoto. La preoccupazione dei dirigenti infatti è il rischi di "disaffiliazione" del team dall'impresa. La minaccia è di disgregare il gruppo di lavoro è reale. I manager francesi avvertono questo rischio e capiscono che il lavoro di squadra a distanza è sempre più tortuoso, quando si superano i due giorni a settimana. 

Secondo la Banque de France ci sono altri effetti che sono difficili da contrastare come per esempio in media ci sarano aree colpite dal telelavoro e questo comporterà una diminuzione del valore (4%) degli immobili utilizzati come uffici da lavoro. Questo provoca un grave effetto di riallocazione. Ci sarà un enorme costo economico da sostenere per i quartieri dove sono istituite attività commerciali.

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In conclusione, sempre secondo studi alcuni dell'OCSE, esistono anche reali rischi per i nuovi assunti in azienda, incapaci di collaborare e condividere idee con il nuovo team, quindi non è scontata l'aumento della produttività. 

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